Pensieri sparsi

Il giorno di ieri é stato un giorno di auto. Quasi 600 km fra Copacabana e Cuzco. Di nuovo un passo a 4500 mt e poi giù, scendendo fino a 3200 mt, dove finalmente ci sono gli alberi e la vegetazione si fa più verde.
Vista la scarsità di avvenimenti lungo le dieci ore di strada, abbiamo annotato pensieri sul Perù in ordine sparso:

– le case sono quasi tutte non finite perché in questo modo non si pagano le tasse;

– le frecce vengono usate in modo assolutamente contrario a quanto si fa in Europa; quindi se un bus mette la freccia a sinistra, vuol dire che accosta a destra.

– i camion trasportano una quantità incredibile di carburante di ogni tipo. Ogni camion che si rispetti ha almeno una dicitura “peligro combustible”.

– i chicchi di mais sono circa il doppio rispetto ai nostri. Aperitivo top sono dei chicchi semi cotti e passati nel sale. I pop corn sono grandi quasi come un’albicocca.

– il durazno é senz’altro il nostro frutto primo preferito anche se ancora nella sua forma integra non l’abbiamo visto.

– il latte fresco é praticamente introvabile, mentre la latteria Gloria ha un vero impero. A noi piace molto il brik di latte e cioccolato.

– il pane, in ogni punto del Perù, é buonissimo.

– la benzina è categoricamente da 84 ottani, anche se il contratto di noleggio la vorrebbe da ben 95.

– i cani sono sostanzialmente i padroni delle strade.

– i cani, sopra i 3000 mt, sono tutti indistintamente pelosi.

– i cani nudi stanno solo dove ci sono le rovine inca perché il ministero della cultura ha pensato facessero folklore.

– i dossi sono moltissimi e di solito mai situati dove dovrebbero.

– qualunque macchina tu abbia, a 4500 mt andrà come un motorino. Questo vale anche per i motociclisti cileni col GS che facevano i fighi a Puno.

– non importa quanto lontano tu sia da casa, gli italiani sono ovunque.

– come sempre, ho visto qualcuno con la maglia del Barcellona.

– la bandiera multicolore che si vede ovunque non é quella dei diritti gay, ma la bandiera andina.

– Gualtiero, milanese di un certo spessore, si chiedeva se potesse andare alla Scala indossando una fascetta comprata alla Isola Taquile, invece di quella di seta dello smoking (son problemi anche questi).

– il mate di coca fa bene ma sa di erba. Noi abbiamo esportato in Germania il mate-to-go e abbiamo sempre con noi un po’ di bevanda.

– dopo dieci ore di macchina, stai sicuro che sarai impolverato da capo a piedi nonostante il ricircolo azionato sapientemente dall’autista.

– il riscaldamento in camera é del tutto sopravvalutato.

– per chi volesse, abbiamo un cd di mp3 di musica arequipeña imperdibile.

– la campagna elettorale é fatta con disegni colorati sui muri.

– il wifi é ovunque, ma il vero problema (oltre alla mancanza di corrente) é la assoluta non distinzione fra maiuscole e minuscole. Questo rende la ricerca della password un po’ come una partita di master mind.

– se vuoi chiudere una strada, puoi comodamente costruirci un muretto di mattoni vivi nel mezzo.

– potete non crederlo, ma il piatto più venduto ovunque (secondo solo al caldo di gallina) é la pizza. Cotta nel forno di adobe.

IMG_6164.JPG

24 ore (scarse) in Bolivia

Il passo fra Puno e Copacabana é breve. 140 km di una strada che costeggia il lago e in meno di due ore siamo al confine con la Bolivia.
Un confine terrestre, che agli europei della nostra generazione suona un po’ strano. Dobbiamo fare presto: alle 13.30 parte l’ultima barca che porta alla Isla del Sol. Siamo tranquilli, arriviamo al confine alle 11.30 e poi, una volta passati di lá, solo otto chilometri fra noi e l’isola dove gli Inca credevano fosse nato il sole.
Quello che nella nostra pianificazione non é stato considerato, però, é che le formalità doganali sono un infinito andirivieni fra un ufficio e l’altro (chi ti timbra il passaporto, chi controlla i documenti dell’auto, chi controlla chi ha controllato) e che, passati finalmente sul lato boliviano, é ancora mezzogiorno, ma in Bolivia é l’una. E la dogana chiude fino alle due. E la isla del sol possiamo anche dimenticarcela.
Mangiamo un gelato sull’asfalto, insieme a qualche cane randagio che cerca qualcosa da rubare.
Finalmente è il nostro turno, dopo poco (praticamente due ore dopo dall’arrivo in dogana) siamo pronti e arriviamo a Copacabana.
Siamo in un ostello sopra la collina. Dalle amache del nostro giardino si vede il lago, puntellato di barche.
Usciamo per una passeggiata nel centro, mille viuzze disseminate di negozietti di alimentari gestiti da donne grasse e sorridenti.
Compriamo delle focacce bollenti, appena uscite dal forno, destando l’interesse di tutti i cani della via, che si avvicinano golosi.
Arriviamo davanti alla cattedrale della Vergine di Copacabana e assistiamo ad un evento mai visto prima: una famiglia aspetta il prete per far benedire la propria auto.
Il prete arriva, inizia la cerimonia di benedizione. Tutt’intorno si crea un capannello di curiosi. L’acqua viene aspersa su ogni lato della macchina, si apre anche il cofano e si benedice il motore. Noi assistiamo increduli, sorridenti, io anche un po’ commossa.
Quando entriamo nella cattedrale siamo ancora sorridenti, col cuore dolce.
Arriviamo ai piedi della Virgen de Copacabana, una madonna bellissima, con una veste bianca e argento e i piedi coperti di fiori.
Una giovane donna le lancia delle monete.
Quando usciamo dalla cattedrale sta calando la sera.
Camminiamo fino al porto, alcuni moli in legno sulla spiaggia.
Tramonta il sole sul Lago Titikaka, proprio lá in fondo, dove si vede il contorno della Isla del Sol.

IMG_6166.JPG