Navigando il Lago Titikaka

Siamo sul Lago Titikaka. Il lago navigabile più alto del mondo, a 3812 mt.
Sembra il mare. É azzurro, cristallino ed enorme (oltre 8300 kmq).
Il nome Titikaka significa puma (titi) grigio (kaka). Il lago é per il 65% peruviano, mentre per il restante 35% é boliviano. I peruviani dicono che a loro appartiene la parte che si chiama titi, ai boliviani la parte caca.

Nel 1972, per la prima volta, i peruviani hanno potuto vedere una fotografia satellitare del lago e si sono accorti che il lago ha davvero la forma di un puma. Sul come i loro antenati potessero saperlo, rimane uno dei tanti enigmi irrisolti del lago.

Noi abbiamo preso una barchetta che ci ha portato a vedere prima la Isola Taquile e poi le Isole Uros.
Taquile é un’isola di 7 kmq dove si vive secondo tre semplici regole: chi non lavora non mangia, non si ruba, non si mente.

Gli uomini indossano un cappello rosso se sono sposati, rosso e bianco se sono ancora single.
Fino a 10 anni fa non era concesso sposare persone fuori dall’isola, ma poi questa regola é stata tolta per problemi di consanguineità.
Sia uomini che donne hanno in tasca uno specchietto. Quando un uomo vede una donna che gli piace, non fa altro che abbagliarla con lo specchio. Se lei risponde é praticamente fatta. Le donne, nel valutare se un uomo merita di essere sposato (!), mettono dell’acqua nel loro cappello. Se l’acqua cola significa che il giovane é pigro e non ha fatto bene il suo lavoro (potenziale cattivo marito), mentre se l’acqua rimane all’interno del cappello vuol dire che si é dato da fare e potrà quindi mantenere la famiglia. Non fa una piega. Un po’ come le femmine di pinguino, che scelgono il maschio più grasso perché sono sicure che sa procacciarsi il cibo.
L’età media del matrimonio é fra i 16 e i 18 anni. Per il resto della vita, gli uomini fanno lavori di lana (solo loro) o si dedicano all’agricoltura e le donne tessono e filano usando un osso di zampa destra di alpaca che si tramanda di generazione in generazione.

Ascoltiamo curiosi. Loro conoscono la vita fuori dall’isola. Si recano spesso a Puno a comprare e vendere. Sull’isola hanno l’elettricità e i pannelli solari. Hanno la televisione.

Eleggono il capo dell’isola in sole due ore. Ogni anno. Votano per alzata di mano. Voto palese, ma uomini e donne votano in due luoghi diversi, così i mariti non influenzano le scelte delle mogli.

Dopo il pranzo Pachamama (una specie di forno scavato per terra, dove hanno messo a cuocere patate, patate dolci, trota e pollo) abbiamo proseguito la navigazione fino alle Isole Uros.

Uros vuol dire timido. Gli abitanti di queste isole flottanti abitano qui a seguito della persecuzione subita dagli Inca. Le isole poggiano sulle radici di una speciale canna che cresce sul lago (totora) e ogni settimana vengono aggiunte canne in superficie, perché quelle sotto man mano marciscono.
Sull’isola ci sono tre capanne. In totale una decina di persone. Un capo villaggio che avrà si e no vent’anni.
Vivono qui insieme a un gatto nero. Mangiano pesce, canna totora e uccelli. I tre bambini piccoli che vivono sull’isola guardano curiosi la macchina fotografica, vogliono vedersi sullo schermo, si incantano con lo zoom.
É una vita, questa sulle isole Uros, molto dura. L’umidità provoca artriti da giovanissimi, la speranza di vita é 55-60 anni.
Una donna che sembra millenaria sta in un angolo e accudisce dei pulcini.
Ci allontaniamo dall’isola mentre gli abitanti, in abiti di festa, salutano dai bordi della loro piccola isola, aspettando un’altra barca che faccia loro visita.

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